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Perché si parla di Serena Doe e cos’è il caso delle chat Telegram? “Omofobia e bodyshaming”, la rivolta delle attiviste

di Emanuela Longo

Pubblicato il 2024-06-04

Serena Doe e la chat Telegram: cosa è successo? Le accuse delle attiviste sui social e l’intervento di Selvaggia Lucarelli

Da alcune ore, su Instagram è esploso un vero e proprio caso che vedrebbe da una parte Serena Mazzini, meglio nota come Serena Doe, e dall’altro una serie di attiviste e femministe tra cui Valeria Fonte, Carlotta Vagnoli e Giorgia Soleri. Quelle avanzate contro la Doe sono accuse molto gravi, “infamanti” come sostenuto da Selvaggia Lucarelli, intervenuta in difesa della social media strategist, Ma cosa è successo e cos’è il caso delle chat Telegram?

Perché si parla di Serena Doe e cos’è il caso delle chat Telegram

Serena Doe

Da circa 24 ore il nome di Serena Doe circola sui social e non solo, dopo una call out a lei indirizzata dall’attivista e scrittrice Valeria Fonte. Quest’ultima, in una serie di Instagram Stories, ha messo in luce qualcosa che, se venisse confermato, sarebbe gravissimo. Una chat Telegram della quale avrebbero fatto parte 70 persone – tra cui la stessa Doe – nella quale sarebbero stati diffusi commenti sessisti, omofobi, violenti.

Alle accuse di Fonte sono seguite anche quelle dell’attivista e scrittrice Carlotta Vagnoli, del fotografo Flavio Pagano e di Giorgia Soleri. Molte altre attiviste hanno mostrato solidarietà nei confronti di Carlotta e Valeria, tra le prime a far esplodere il caso della chat Telegram che potrebbe creare imbarazzo e qualche altro guaio a carico della professionista che per anni si è battuta in difesa della privacy e contro il fenomeno dello sharenting.

Le prove dell’esistenza di queste chat tuttavia non sarebbero ancora state mostrate ma da ieri e per tutta la giornata di oggi, Fonte e Vagnoli hanno ribadito con forza ciò che sarebbe emerso in queste settimane. 

Tutto sarebbe partito dalla scoperta di questa chat Telegram dai contenuti discutibili da parte di Valeria Fonte che, come spiegato in una serie di Stories avrebbe sentito direttamente Serena Doe chiedendole spiegazioni:

Ieri pomeriggio scopro che Serena Mazzini, che oggi annuncia la cancellazione del suo profilo, ha fatto parte di un gruppo Telegram (fondato dai suoi adepti) in cui ha condiviso senza consenso mie chat private, mie foto per amici stretti, tra cui una foto aftersex, con annessi commenti misogini. Un gruppo con 70 persone che mi hanno visto seminuda senza che io abbia avuto scelta, che hanno letto le mie chat private. Sapete che mi ricorda? I fantomatici gruppi Telegram degli incel. Che bello quando chi si occupa di sharenting, di privacy, di lato oscuro dei social, diventa lei stessa il lato oscuro dei social. Vi piacerebbe sapere che l’ha fatto solo con me, vero? Invece è un vizio: lo ha fatto con tutte le persone del giro femminista che mi stanno intorno.

Solo dopo aver sentito la Mazzini, Fonte avrebbe deciso di rendere pubblica la vicenda ed a lei si sarebbe ben presto accodata anche Carlotta Vagnoli che sempre su Instagram ha aggiunto:

Sono stata avvisata di essere stata presa di mira, insieme a tante altre persone, da un gruppo privato di 70 persone creato da Serena Mazzini. Nel gruppo c’erano mie storie verdi, informazioni private, deliri sulla mia vita sessuale, sul mio lavoro e attacchi d’odio feroci. […] Commenti violenti, misogini, transonici, commenti sui corpi, sulla vita sessuale delle persone, sul loro privato, sul presunto loro privato. Un gruppo chiamato Animaletti contro la censura in cui il branco si cibava di materiale ottenuto in modo non consensuale e perfino chat e messaggi privati di alcune persone. La dinamica del branco è la stessa delle chat di soli uomini su Telegram. […] Spero abbiate goduto del mio c***, della mia vita sessuale, delle altre amenità dette sulle persone a cui venivano riservate queste punizioni collettive. Spero davvero lo abbiate fatto perché ora c’è da pagarne le conseguenze. Bizzarro modo di agire per chi lavora sulla tutela della privacy.

Accuse riprese anche dal fotografo Giuseppe Flavio Pagano che scrive:

Serena Mazzini crea una chat con 70 persone dove scambiano materiali sensibili messe insieme per costruire una gigantesca macchina di denigrazione e di diffamazione. Per entrare in questo cerchio di interesse bastava essere antipatici a questa signora per ritrovarsi questi schizzi di fango addosso. Anch’io sono una delle persone colpite, ma il danno a me è minimo rispetto ad altri. All’interno c’erano una serie di commenti e azioni denigratorie che sfruttavano sessismo, body shaming, affermazioni legate alla vita privata delle persone, dossieraggio alle relazioni private, in un turbinio di 70 persone che partecipavano attivamente alla creazione di questi materiali. Una storia che nasce sui social ma che rischia di finire nei tribunali.

Eppure Selvaggia Lucarelli, che insieme alla Doe è co-autrice del podcast Il sottosopra, è intervenuta in sua difesa, sottolineando l’assenza di prove e screen rispetto alle accuse mosse dalle attiviste:

A chi mi chiede “un’opinione” rispondo che non esistono opinioni su fatti che al momento sono accuse infamanti, le cui prove solide e inequivocabili sono delle storie Instagram. Storie Instagram dei gente che “sa” ma non mostra alcuna prova a supporto di ciò che dice. Mi spiace, ma il mio modo di lavorare e la mia professione. Mi fanno provare orrore e raccapriccio per queste modalità cialtrone e pericolose di accusare qualcuno. Anche perché quando si parla di “dossieraggio” vorrei capire di cosa si tratta […] Se io dovessi ritenere attendibili tutte le storie che girano sulle stesse persone che oggi linciano Serena, altro che Oppenheimer. […].

La replica di Serena Doe

Solo nella giornata di oggi, Serena Doe è intervenuta confermando di non aver cancellato il suo profilo, a differenza di quanto anticipato da Valeria:

Non ho abbandonato i social, ho preferito non dire nulla e lasciar parlare chi sentiva di dovere dire la sua ma credo sia doveroso dire qualcosa visto che si parla da ore di me e altre persone attribuendoci fatti gravi e del tutto decontestualizzati – ha scritto Serena Mazzini nelle sue Instagram stories -. Confermo l’esistenza di un gruppo Telegram composto da poche persone praticamente tutte amiche: uno spazio di confronto in cui tra i topic principali c’erano foto dei nostri animali, le ricette, spazi dedicati agli sfoghi personali o alle relazioni. Il gruppo non era stato creato da me, se questo può importare, ma ne ho fatto parte. Nel gruppo c’era anche una sezione dedicata a influencer e sharenting dove si commentava quello che accade sui social. Uno spazio descritto come omofobo e transfobico: una cosa davvero difficile da credere dato che almeno 1/3 dei partecipanti fanno parte della comunità LGBTQ+. Far passare un gruppo di amici che si scambiavano ricette sul tofu come incel mi pare azzardato. Nessun dossieraggio: i materiali che commentavamo erano tutti presi dai social. Il gruppo è stato chiuso un mese fa. Un tempismo perfetto per “far uscire” tutto ora.

Ammettendo anche la possibilità di aver sbagliato, sottolineando di aver chiesto scusa a Valeria in privato, le ho specificato che mi stava scrivendo in un momento delicato in prossimità di un viaggio per salutare una persona a me cara che sta morendo e stanca a causa di una diagnosi medica difficile da accettare ma non ho certo affermato di “avere una malattia mentale”. Al massimo mi sono dissociata e ho ribadito che sono stata ironica, sprezzante e graffiante come sempre. Ma non ho mai bullizzato nessuno. È stato detto tutto di me infangando il mio lavoro.

Molti profili sono usciti con lo stesso “comunicato”, inutile dire che con alcune persone non parlo da anni. Dico solo che mi sembra strano che qualcuno parlasse male di OnlyFans dato che un membro del mio gruppo ci lavora. Allora mi chiedo: è questo il femminismo o l’attivismo? Tutte le persone che si sono sentite ferite non potevano parlarmi? […] Chi ha accusato Selvaggia di istigazione al suicidio per la ristoratrice come si sente ad avermi sputato addosso una spirale di violenza tanto profonda?

Infine la Mazzini ha concluso:

Non sappiamo perché qualcuno abbia voluto agire così ma io ho decine di persone che vedono quello che viene condiviso e commentano con “questa cosa non è mai successa”. Solo che noi gli screen non li pubblichiamo. Mi chiedo perché continuare a condividere informazioni e dettagli privati con un così largo pubblico. Gruppo privato vs tutto il mondo.

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