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Grande Fratello, Marco e Lea raccontano la verità su quanto successo la notte del loro arresto

di Luana Zotti

Pubblicato il 2011-07-04

Marco Mazzanti e Lea Veggetti raccontano la loro versione di quanto è accaduto la notte dell’arresto. Una lite verbale con il portiere dell’albergo dove si trovava Marco, che è andata degenerando con l’arrivo della polizia e l’arresto. Risulta che il portiere, di nazionalità filippina, si sia rifiutato di far salire Lea nella stanza di Marco …

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Marco Mazzanti e Lea Veggetti raccontano la loro versione di quanto è accaduto la notte dell’arresto. Una lite verbale con il portiere dell’albergo dove si trovava Marco, che è andata degenerando con l’arrivo della polizia e l’arresto. Risulta che il portiere, di nazionalità filippina, si sia rifiutato di far salire Lea nella stanza di Marco perché  sprovvista di documenti. I due ragazzi sono stati condannati a sei mesi con sospensione di pena per lesioni aggravate e resistenza al pubblico ufficiale.

E’ corretto dire che non voleva lasciarmi salire. Non è vero quello che hanno scritto, ossia che mi sono messa a insultare il portiere per le sue origini. E’ vero che lui stava facendo il suo lavoro e che le regole dell’albergo sono quelle e quindi avrei dovuto accettarle, e finirla lì. Ho cercato di farlo ragionare, spiegando che la mia sosta di poche ore in albergo non era prevista e che avevo dimenticato i documenti a casa, impegnandomi a mandarli via fax entro poche ore,

afferma Lea sulle pagine del settimanale Top.

Né io, né Lea siamo mai stati razzisti. Siamo cresciuti con la cultura del rispetto delle idee, delle culture e delle origini dell’individuo. Se sono volate parole di troppo, il motivo non è certo la nazionalità di questa persona,

prosegue Marco.

Risulta anche che una cliente dell’albergo, disturbata da quanto stava accadendo, sia intervenuta, Marco l’ha spinta e la donna ha chiamato la polizia.

Non ho toccato quella persona nemmeno con un dito e non è stata lei a chiamare la polizia,

sostiene Marco.

La polizia l’ho chiamata io, chiedendo di formalizzare la mia identificazione, che sarebbe stata ultimata con l’invio dei documenti in modo da poter salire in camera,

dice Lea. Infine, Lea ha dato un morso ad uno degli agenti.

Ho avuto paura quando mi sono sentita prendere da dietro, giuro che non mi sono resa conto di cosa stava succedendo, ho agito per istinto di difesa, era tutto assurdo. E il morso è volato, ma non era il gesto di una persona violenta, era la reazione di una donna stanca e spaventata,

si difende la donna.

C’è chi sostiene che tutto questo sia una trovata pubblicitaria da parte di loro due.

Da parte nostra, sicuramente no: non c’è nulla, in queste ore così drammatiche, che ci rappresenti in alcun modo,

sostiene Marco.

Esistono sistemi più intelligenti per farsi pubblicità. E poi non siamo né abbastanza noti da rappresentare uno scoop per chi si rende protagonista di una vicenda che ci riguarda, né tanto ricchi per essere considerati un guadagno,

conclude Lea.

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